L’esperimento della Stanza Cinese

Immaginiamo che un individuo venga rinchiuso in una stanza. Questa persona è madrelingua inglese e non capisce la lingua cinese: né in forma scritta, né in quella parlata. Nella stanza questo individuo trova un foglio zeppo di ideogrammi cinesi e un secondo foglio, sempre rigorosamente scritto in cinese, con una serie di domande. L’uomo quindi si trova davanti a due serie di simboli che per lui non hanno alcun significato. Ma nella stanza si trova anche un libro con una serie di regole scritte in inglese che gli spiegano come abbinare i simboli del primo foglio con quelli del secondo foglio.

Supponiamo che il primo foglio sia una storia scritta in cinese e il secondo una serie di domande inerenti alla storia. A quel punto l’uomo comincia a produrre output di risposta, seguendo alla lettera le istruzioni che gli sono state consegnate. In questo esempio le istruzioni rappresentano il software, il programma del computer. Le risposte che l’uomo produce sono formalmente giuste, perché ha eseguito alla lettera le istruzioni che gli sono state consegnate insieme agli ideogrammi. Nonostante questo, non ha compreso nulla di quello che ha ricevuto, di quello che ha risposto e, ovviamente, non conosce ancora il cinese. Se ci fosse un eventuale osservatore esterno all’esperimento, però, mettiamo anche un osservatore madrelingua cinese, potrebbe pensare che l’uomo abbia una buona padronanza della sua lingua.

Secondo Searle, allo stesso modo in cui un uomo esegue meccanicamente l’ordine senza comprendere il cinese, il calcolatore esegue il programma scritto nel linguaggio di programmazione (che è la sua madrelingua), ma essenzialmente manipola simboli di cui non sa il significato. La sua operazione è puramente sintattica.

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