La neuropsicologia studia i processi cognitivi e comportamentali correlandoli con i meccanismi anatomo-fisiologici a livello del sistema nervoso che ne sottendono il funzionamento (Umiltà, 1999).

Essa analizza nell’ uomo le alterazioni delle funzioni cognitive, causate da lesioni o disfunzioni focali o diffuse del sistema nervoso centrale, acquisite, congenite, geneticamente determinate, utilizzando il metodo scientifico ed ha aree di sovrapposizione con altre discipline come la neurologia, la neurofisiologia, la neurochimica la neuroanatomia, linguistica, l’intelligenza artificiale, condividendone il punto di vista del processamento dell’informazione della mente tipico della psicologia cognitiva (Denes et al., 1996).

Oggi la neuropsicologia non si occupa più solo di individuare la sede delle capacità cognitive e delle relative patologie, ma si dedica anche alla valutazione dell’ entità del danno e le conseguenti capacità di recupero del paziente ( Stracciari et al, 2010).

La neuropsicologia clinica è l’applicazione delle conoscenze della neuropsicologia alla diagnosi, gestione e riabilitazione dei pazienti con deficit cognitivi successivi a malattie o danni cerebrali di varia eziologia. Come in ogni ambito terapeutico la caratteristica distintiva è il setting che fa da cornice all’intervento e rappresenta anche una delle due importanti differenze con l’ambito forense oltre alla finalità dell’intervento (Stracciari et al., 2010).

Il contesto clinico è testimone di una richiesta volontaria di assistenza da parte del paziente, presupposto fondamentale affinchè la terapia possa avere esiti soddisfacenti; ciò esclude a priori in neuropsicologia clinica la possibilità di una simulazione dei sintomi.

Il terapeuta in ambito clinico cerca di essere un supporto per il paziente, stabilendo con esso un’alleanza terapeutica, basata sulla collaborazione reciproca volta al raggiungimento di uno obiettivo comune, rappresentato dall’individuazione del problema del paziente e dalla risoluzione dello stesso.

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