Droga – alcolici- violenza , la nuova comunicazione

Gli uomini che popolavano il nostro pianeta 100.000 anni fa comunicavano attraverso gesti che gradualmente hanno ceduto il posto alla lingua parlata. Man mano che la società diventava più complessa, la memoria collettiva del gruppo non bastava più per tramandare oralmente tutte le cose importanti. Era necessario avere una memoria al di fuori dell’oralità. “In questo modo la crescita della ‘comunicazione’ portò alle ‘comunicazioni’, allo sviluppo dei media per conservare e riutilizzare il crescente volume di informazioni” (Crowley – Heyer, 1995).

1. I media delle prime civiltà

Il periodo preistorico (da 50.000 a 10.000 anni a.C.) ci ha lasciato numerose testimonianze di comunicazione. I primi archeologi consideravano gli utensili di osso, le sculture e i dipinti rupestri di questo periodo come artefatti legati a rituali magici. Successivamente, però, si è compreso che essi rappresentavano anche il tentativo sistematico degli uomini preistorici di usare certi simboli per registrare le informazioni sull’ambiente naturale in cui vivevano. Erano, insomma, dei veri e propri media, prime testimonianze della scrittura.
Nel periodo compreso tra i 12.000 e i 4000 anni a.C. fioriscono la civiltà dei Sumeri e degli Egiziani. Molti studiosi affermano che fu proprio con l’origine di queste civiltà che nacque la scrittura. Le loro idee su questo periodo sono basate non tanto su nuove scoperte archeologiche, quanto su una interpretazione delle scoperte già fatte secondo la prospettiva della comunicazione.
È stato ampiamente dimostrato che prima della comparsa della scrittura, le società del passato prendevano nota degli scambi commerciali e dello sviluppo economico su mattoni di terracotta delle dimensioni di tre centimetri circa. Molti di questi mattoni somigliano a degli ‘ideogrammi’, ovvero a dei segni convenzionalizzati che non hanno alcun legame iconico con ciò che rappresentano. Il primo sistema di scrittura fu elaborato in Mesopotamia attorno al 3500 a.C. ed era basato appunto sugli ideogrammi. Questi primi artefatti si possono considerare come forme di scrittura tridimensionale astratta che, a causa di certi mutamenti sociali ed economici, si sono evolute in un più efficiente sistema di scrittura bidimensionale. Va aggiunto, inoltre, che l’invenzione della scrittura è insieme la causa di nuove grandi civiltà e l’effetto di antiche.
Quando si parla della s.d.c., non si può non citare il lavoro dello storico Harold Innis (1894-1952). La sua s.d.c. ruota attorno ad alcuni concetti chiave. I più importanti sono legati allo spazio e al tempo. Le civiltà più antiche – sostiene Innis – hanno un orientamento culturale che è di tipo spaziale o temporale. A seconda della natura del medium dominante usato da una civiltà, l’orientamento culturale di quella civiltà cambia. Per esempio, la ‘pietra’ nell’antico Egitto era un medium durevole ‘legato al tempo’ che ha favorito la creazione di un governo assoluto di diritto divino altamente centralizzato. Per questo la scrittura geroglifica degli Egiziani ha prodotto accurati calendari attorno ai quali si organizzava tutto il sistema agricolo. Con l’arrivo del ‘papiro’, medium più leggero ‘legato allo spazio’, si rese possibile l’amministrazione a distanza, e ciò cambiò l’orientamento culturale della civiltà egizia. I sacerdoti estesero il loro potere anche perché i faraoni avevano bisogno del loro aiuto per creare una burocrazia amministrativa capace di usare i nuovi mezzi di comunicazione per governare un impero in continua espansione. Marshall McLuhan ha sviluppato la sua nozione di media freddi e caldi proprio a partire dagli studi di Innis.
La scrittura è considerata un elemento fondamentale di tutte le grandi civiltà, a eccezione di quella degli Incas del Perù, i quali non la conoscevano. Essi avevano un altro medium per conservare le informazioni. Si tratta del quipu, una serie di corde di diversa lunghezza, spessore e colore intrecciate tra di loro. Gli Incas usavano il quipu per conservare le informazioni sulla produzione di cereali, sulle tasse, sul censo e su molte altre cose. Essendo un medium leggero e facilmente trasportabile, il quipu era ideale per amministrare a distanza un impero vasto come quello inca. La nozione di Innis sui media legati alla spazio è risultata molto importante per capire la civiltà degli Incas, anche se Innis nei suoi scritti non vi fa riferimento alcuno. Le altre antiche civiltà dell’America, i Maya e gli Aztechi, conoscevano la scrittura.

2. La tradizione della scrittura nel mondo occidentale

Come abbiamo già detto, l’avvento dei primi sistemi di scrittura provocò una grande rivoluzione nella comunicazione. I primi scritti, usati solo a scopo economico o politico, permisero la registrazione e conservazione di vaste quantità di informazioni. I segni impiegati rappresentavano idee, oggetti, azioni, non suoni. Soltanto più tardi, in luoghi come l’antico Egitto e Babilonia, la scrittura sviluppò una dimensione acustica: il geroglifico o il carattere cuneiforme presero allora a indicare non tanto l’oggetto rappresentato, quanto il suono emesso nel pronunciare il nome dell’oggetto. Attorno alla fine del 1500 a.C. si sviluppò l’alfabeto fenicio, composto da 22 caratteri, ciascuno dei quali rappresentava una consonante legata a diverse sillabe possibili. La giusta sillaba doveva essere dedotta dal contesto delle lettere adiacenti e il processo di lettura era di conseguenza lento. Era però un alfabeto piuttosto economico che si avvicinava molto alla lingua parlata. Quando i Fenici (popolo di marinai) entrarono in contatto con i Greci dell’Asia Minore, furono aggiunte all’alfabeto le vocali. Questo nuovo modo di scrittura e di lettura, che costituiva una buona approssimazione della lingua parlata, divenne presto l’antenato di tutti i successivi sistemi di scrittura dell’Occidente.

3. Le conseguenze dell’alfabetizzazione in Occidente

Con lo sviluppo dell’alfabeto greco si aprirono grandi orizzonti. Su di esso si è fondata, infatti, buona parte del pensiero e della cultura occidentali. Alcuni antropologi hanno messo a confronto le società orali (prive di qualsiasi tipo di scrittura) con società ‘protoletterarie’ quali l’Egitto e Babilonia. Essi sostengono che la scrittura e la lettura alfabetica sono state fondamentali per la nascita della democrazia politica della Grecia. Già nel sec. V a.C. la maggior parte dei cittadini liberi della Grecia sapeva leggere i testi delle leggi e partecipava attivamente alle elezioni e alla legiferazione. Questi studiosi affermano, inoltre, che a differenza della trasmissione omeostatica della tradizione culturale, tipica delle società non alfabetizzate, le società alfabetizzate lasciano più ampio spazio di azione ai propri membri. Anche se hanno in genere una tradizione culturale meno omogenea, tuttavia esse danno più libertà all’individuo, specialmente all’intellettuale.
Eric Havelock (1982), esperto di cultura e comunicazione nell’Antica Grecia, sostiene che la nuova alfabetizzazione greca sfidò “l’alfabetizzazione artigianale” degli antichi imperi, basata sull’élite dei letterati (gli scribi), creando così il lettore comune. Havelock sostiene anche che l’invenzione della scrittura ha modificato la memoria e i processi cognitivi. Le differenze tra la tradizione orale e quella scritta sono culturali e non gerarchiche. Walter Ong(1982), studiando la psicodinamica dell’oralità, ha indicato alcune di queste differenze. Per avere un’idea di come una cultura letterata percepisce il mondo, bisogna risalire alla cultura orale. Ong sostiene che “l’oralità seondaria” è diventata la caratteristica chiave del modus operandi dei media elettronici.

4. La comunicazione nel Medioevo

Durante il Medioevo la grande tradizione letteraria e filosofica dell’antica Grecia e di Roma si estinse. L’Europa fu divisa in una serie di stati feudali a economia agricola. L’alfabetizzazione era prerogativa quasi esclusiva della Chiesa. I documenti venivano scritti in latino su fogli di pergamena. Le diverse regioni culturali e linguistiche venivano tenute insieme da una burocrazia di ispirazione religiosa amministrata dalla Chiesa. I monasteri divennero i centri culturali più importanti. Nel sec. XIII cominciano ad apparire i primi documenti scritti in volgare, favoriti dall’introduzione della carta, molto meno costosa della pergamena. Durante tutto il Medioevo, malgrado i molti testi scritti, la tradizione orale svolgeva ancora un ruolo fondamentale nella trasmissione delle informazioni e delle conoscenze. James Burke (1985) assegna una grande importanza alla funzione che la memoria e i meccanismi mnemonici esercitavano nel sistema di comunicazione del Medioevo, funzione destinata a cambiare con l’arrivo della più potente delle rivoluzioni tecnologiche: l’invenzione della stampa a caratteri mobili.

5. La rivoluzione della stampa

James Burke e altri studiosi ritengono che la stampa a caratteri mobili sia stata la più grande trasformazione tecnologico-culturale nella storia dell’Europa ( Carattere da stampa). Questa invenzione segnò la fine del Medioevo e l’alba dell’era moderna. La si potrebbe considerare come un ‘motore storico primario’ che ha condizionato lo sviluppo delle altre tecnologie di massa. Nell’Europa moderna dei primi tempi esistevano tutte le condizioni necessarie alla rapida crescita di questo nuovo medium. Ne ricordiamo soprattutto tre: la nascita del volgare accanto al latino, l’introduzione della carta al posto della pergamena e l’adozione dei numeri arabi al posto del sistema numerico romano. L’alfabetizzazione in volgare, apparsa tra i secoli XII e XIII, sfidò il monopolio della Chiesa nel campo della comunicazione scritta. L’acquisizione della conoscenza diventò un processo monofasico, mentre nel passato era preceduta da una fase di apprendimento del latino come seconda lingua. Anche gli analfabeti riuscivano a seguire la letteratura in volgare quando veniva recitata ad alta voce. Se questo contribuì alla conservazione degli usi e delle tradizioni locali, l’introduzione della carta rese il processo di stampa meno costoso. Di conseguenza, i libri diventarono accessibili anche ai più poveri.
La carta fu inventata in Cina intorno al sec. I d.C., per essere più precisi nel 105, a opera di un certo Ts’ai Lun; giunse in Europa solo nel sec. XII e un secolo dopo cominciò a essere prodotta localmente. Con il sec. XV, le città più grandi d’Europa potevano vantare almeno una cartiera. La carta contribuì alla diffusione non solo dei testi in volgare, ma anche della nuova matematica basata sul sistema numerico arabo. Sebbene questo sistema fosse entrato in Europa già nel sec. XII, è solo 400 anni più tardi che esso raggiunge il massimo della sua potenzialità. La tradizione amanuense non era infatti riuscita a produrre e distribuire copie a sufficienza dei manuali d’uso dei numeri arabi. Solo grazie alla stampa questi manuali divennero comuni, con grande giovamento sia della matematica che degli scambi commerciali.
Anche la stampa su tasselli di legno inciso, precursore principale di quella a caratteri mobili, è di origine cinese. Thomas Carter (1882-1925) ci ricorda che la Cina, civiltà letterata dedita alla ricerca e allo sviluppo, faceva uso di una scrittura ideografica. Inizialmente la stampa veniva fatta su sete e bambù. Con l’introduzione della carta essa divenne più economica, e con i tasselli mobili (introdotti nel sec. VIII) più agile. L’idea di stampare su tasselli fu importata dalla Cina all’Europa attraverso gli scambi commerciali con l’Estremo Oriente cominciati con le guerre mongole. La stampa cinese, realizzata con tasselli di argilla (a volte di legno) anziché di metallo, anticipa Gutenberg di almeno cinque secoli.
Con la diffusione della stampa in Europa, la riproduzione dei testi scritti si sposta dallo scrittoio dell’amanuense all’officina dello stampatore. Elizabeth Eisenstein (1983) cerca di immaginare il mondo di questi scribi prima dell’avvento della stampa, anche se questo risulta piuttosto difficile visto che le categorie mentali di oggi sono diverse da quelle del passato. La Eisenstein afferma che con la stampa viene a crearsi una nuova classe di intellettuali (gli uomini di lettere). Prima di allora era la Chiesa che monopolizzava i letterati, patrocinati a volte anche dal mecenatismo aristocratico e borghese. Presto anche l’editore diventa una sorta di mecenate legato alla nascente economia di mercato (Editoria).
Tuttavia, la rivoluzione della stampa non si verificò nell’arco di una generazione. Ci vollero 200 anni perché i cambiamenti introdotti dalla stampa nella società e nel campo della conoscenza venissero definitivamente sistematizzati. Con la prima ondata di testi stampati, gli incunabula, furono riprodotti il più fedelmente possibile i manoscritti già esistenti. Dopo fu la volta dei testi di filosofia e scienze. Walter Ong (1982) afferma che la stampa completò il passaggio dalla cultura dell’orecchio a quella dell’occhio già cominciato con la scrittura. La lettura silenziosa e veloce, assai rara nel Medioevo, si diffuse rapidamente modificando anche l’organizzazione interna del libro. Con l’uso degli ‘indici’, per esempio, non era più necessario ricorrere alla memoria per ricordarsi il contenuto di un testo. Questo contribuì anche alla creazione dei primi dizionari, delle enciclopedie e dei testi grammaticali e quindi alla standardizzazione della lingua.
La stampa e la Riforma protestante sono strettamente connesse. Anche se non si può arrivare a dire che la stampa fu causa della Riforma, tuttavia bisogna ammettere che essa permise la rapida disseminazione delle idee di Martin Lutero in lingua volgare e questo sicuramente facilitò il processo riformatore. La Riforma da una parte e la nuova cultura del libro stampato dall’altra, condizionarono profondamente l’educazione e la religione non solo in Europa, ma anche nelle colonie del Nord America.
Prima della stampa, gli autori dei libri erano controllati dalle autorità religiose e secolari. Ma con l’avvento del libro stampato, essi diventano sempre più secolari, spesso eretici. L’Illuminismo francese con i suoi filosofi ne è un esempio. Le autorità politiche e religiose cominciarono allora a controllare quello che gli autori secolari scrivevano (Libertà e comunicazione). Robert Darnton in un libro del 1995 dimostra come il diffondersi della cultura del libro sia visibile sia nelle opere dei dissidenti che nei rapporti redatti dalle autorità che li controllavano. In altre parole, nel redigere le loro valutazioni dei testi dei dissidenti, i burocrati addetti al controllo spesso diventavano ottimi autori di letteratura. Non va dimenticato, infine, che durante l’Illuminismo scrivere diventò una vera e propria carriera intrapresa da decine di pensatori, intellettuali e scienziati.

6. Il telegrafo, il telefono e l’elettricità

I libri, una volta stampati, passavano agevolmente di mano in mano e così pure le informazioni che essi contenevano, ma con l’arrivo del telegrafo i messaggi potevano viaggiare anche più velocemente del messaggero. La comunicazione a distanza non dipendeva più dal mezzo di trasporto utilizzato. Il telegrafo e il telefono rappresentarono, insomma, un’ennesima rivoluzione nel sistema delle comunicazioni. Il salto da un modello di ‘trasporto’ della comunicazione a un modello di ‘trasmissione’ appartiene alla tradizione dei segnali di fumo, dei tamburi battenti e dell’uso di metalli levigati per direzionare i raggi del sole. Gli antichi greci, per esempio, avevano sviluppato un sistema di segnali di torcia che riproducevano le lettere dell’alfabeto tra torri situate anche a diverse miglia di distanza. Poco prima dell’invenzione del telegrafo, veniva impiegato un sistema sempre a base di torri dalle quali i messaggi venivano trasmessi attraverso il ricorso a braccia meccaniche. A partire dal 1830 

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