Lo studio del tema della sussidiarietà e dell’efficacia del sistema sanzionatorio tributario, in un ordinamento che si basa, in prima istanza, sull’autodeterminazione dell’imposta da parte del contribuente, non può prescindere da una valutazione sull’esistenza e sull’applicabilità di forme di tutela dotate di autonoma efficacia preventiva.

L’affermarsi di strumenti di definizione concordata fra contribuenti e Agenzia delle Entrate risponde infatti alla duplice esigenza, sempre più avvertita, di operare un tentativo di deflazione delle controversie tributarie e di rendere solo eventuale l’applicazione della tutela sanzionatoria sia amministrativa, sia penale.

In questo senso, l’interesse dell’ordinamento a ricorrere ad istituti dotati di una tutela preventiva sugli interessi protetti, circoscrive l’attuazione dell’azione sanzionatoria solo laddove alla violazione non possa essere contrapposta una condotta del contribuente che, preventivamente, abbia utilizzato tali strumenti ed abbia quindi confidato, attraverso l’interpretazione dell’Amministrazione finanziaria, in un corretto adempimento degli obblighi impositivi.

D’altro canto, le organiche riforme che hanno interessato il sistema sanzionatorio tributario sia amministrativo, sia penale, con l’introduzione di istituti caratterizzati da un significativo rigore punitivo, hanno al contempo rafforzato il livello delle garanzie per il contribuente.

In questo contesto si inserisce l’impatto garantistico dello Statuto del contribuente che, se da una parte non sembra aver aumentato le tutele sul piano dell’applicazione delle norme sanzionatorie già operanti, in altra prospettiva ha avuto certamente il merito di disciplinare, a sistema, uno strumento di carattere generale volto a consentire un dialogo tra Amministrazione finanziaria e contribuente.

L’istituto generale dell’interpello tuttavia, così come previsto dallo Statuto del contribuente, si affianca, in maniera tutt’altro che organica, ad altri istituti analoghi di carattere settoriale già previsti nell’ordinamento.

La mancanza di un raccordo sistematico che disciplini gli effetti, sul piano dell’applicazione della norma sanzionatoria, dell’utilizzo di tali forme di interpello, fornisce lo spunto per una riflessione in ordine sia all’efficacia di tali istituti rispetto alle previsioni sanzionatorie amministrative e penali, sia con riferimento alla sussidiarietà dell’applicazione della norma che contiene la sanzione rispetto alle garanzie riconosciute al contribuente che, attraverso l’utilizzo di questi strumenti, confida in un corretto adempimento dei suoi obblighi impositivi

L’art. 6, comma 1, del D.Lgs. n. 156 del 2015 ha sancito la non impugnabilità delle risposte alle istanze di interpello contemplate dallo Statuto dei diritti del contribuente – tranne quelle “antielusive” –

Nella relazione di accompagnamento al D.Lgs. n. 156/2015 è stato osservato che la diversità delle posizioni giurisprudenziali “comportava effetti significativamente diversi sulle posizioni giuridiche dei contribuenti interessati”. É stata, quindi, sancita la non impugnabilità delle risposte agli interpelli, ad eccezione di quelli “disapplicativi”, per i quali può essere proposto ricorso unitamente all’atto impositivo.

Con la circolare n. 9/E dell’1 aprile 2016 l’Agenzia delle Entrate fornisce le prime istruzioni in ordine alla disciplina sostanziale e procedurale dell’interpello del contribuente, con riferimento alle istanze relative ai tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate a seguito della revisione della disciplina degli interpelli, attuata sulla base delle disposizioni del Dlgs 156/2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 233 del 7 ottobre 2015, che ha provveduto ad un riordino complessivo del sistema.

Il decreto è intervenuto sull’articolo 11 della legge 212/ 2000, recante Statuto dei diritti del contribuente, modificando la precedente formulazione della norma al fine di sostituire il riferimento all’interpello ordinario col riferimento all’istituto dell’interpello in tutte le sue articolazioni.

In attuazione dell’articolo 8 del Dlgs 156/2015, il 4 gennaio 2016 è stato pubblicato il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate contenente le nuove disposizioni procedurali applicabili alle istanze validamente presentate a partire dalla predetta data.

Di seguito, si illustra una sintesi dei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con la circolare in esame, riservando ai prossimi interventi ulteriori approfondimenti.

Rispetto al “vecchio sistema” il riordino degli interpelli ha garantito:

• una maggiore omogeneità, sia per quanto attiene alla classificazione delle diverse tipologie sia, principalmente, per quanto riguarda la regolamentazione degli effetti e della procedura applicabile

• la riduzione dei tempi di lavorazione delle istanze per assicurare una maggiore tempestività nella redazione dei pareri

• la razionalizzazione dell’istituto anche attraverso la tendenziale eliminazione delle forme di interpello “obbligatorio”.

Ai sensi del comma 1 dell’articolo 11 della legge n. 212/2000 il contribuente ora può interpellare l’amministrazione finanziaria al fine di ottenere un parere relativamente ad un caso concreto e personale con riferimento:

• all’applicazione delle disposizioni tributarie, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione di tali disposizioni (cd. interpello ordinario “puro”) ed alla corretta qualificazione di fattispecie alla luce delle disposizioni tributarie applicabili alle medesime (c.d. interpello qualificatorio), ove ricorrano condizioni di obiettiva incertezza (lettera a))

• alla sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti (interpello probatorio) (lettera b))

• all’applicazione della disciplina sull’abuso del diritto ad una specifica fattispecie (interpello antiabuso) (lettera c)).

Ai sensi del comma 2 dell’articolo 11 della legge n. 212/2000, invece, il contribuente interpella l’amministrazione finanziaria per la disapplicazione di norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario, fornendo la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi (interpello disapplicativo).

L’Agenzia ha fornito istruzioni sugli aspetti procedurali comuni a tutte le tipologie di interpello, in particolare  in ordine alle novità che sono intervenute con riferimento a tutto il procedimento di lavorazione degli interpelli, dalla presentazione dell’istanza fino alla comunicazione della risposta ai contribuenti ed ai suoi effetti.

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