«Gli avvocati “curano” la persona, per questo la loro salute va tutelata»

(Valentina Stella – Il Dubbio, 27/02/2021)

Il dottor Giacomo Ebner, giudice al Tribunale civile di Roma e consigliere del Cdc dell’ANM, ritiene il ruolo dell’avvocato «essenziale».

Per questo diviene una «priorità sociale» provvedere alla loro vaccinazione anche perché «rappresentano una delle categorie più segnate da questa crisi, attaccati sia dal punto di vista economico sia da quello della salute».

Dottor Ebner da più parti di sta chiedendo a gran voce di dare priorità di vaccinazione contro la Sars- Cov2 anche agli avvocati. Qual è il suo pensiero su questo?

A mio parere sono tre i motivi per i quali gli avvocati devono essere vaccinati: innanzitutto perché il comparto giustizia è quello tra i più esposti ai virus in generale. Inoltre gli avvocati rappresentano una delle categorie più segnate da questa crisi, perché sono stati attaccati sia dal punto di vista economico sia da quello della salute. Quindi la necessità di vaccinarli diviene una priorità sociale. Il terzo motivo è che la funzione dell’avvocato è legata molto alla persona. Ci sono altre categorie in cui se si ammala un tecnico, il suo lavoro sarà ripartito dai suoi colleghi. Ma l’avvocato, invece, è insostituibile.

Intende per il proprio assistito?

Per l’intera macchina giudiziaria: se l’avvocato non è presente in aula con la sua professionalità umana si blocca tutto. C’è il rischio che la richiesta di vaccinazione sia vista come un privilegio, in realtà si mira a tutelare la funzione. Sono d’accordo ma credo anche che vadano vaccinati tutti, benché alcuni siano più a rischio. Questo è necessario per non mettere in ginocchio la categoria.

Dal suo punto di osservazione la macchina della giustizia è ripresa?

In parte sì, ma alcune situazioni ancora presentano grosse criticità, se pensiamo a quello che raccontano gli avvocati in merito alle loro esperienze quotidiane.

Delle modalità adottate nell’emergenza cosa conserverebbe per il futuro?

Io credo che sia imprescindibile la presenza in aula nel settore penale, dove, a mio parere, è importante guardare negli occhi le persone. In altri settori è diverso: ad esempio io nel civile mi trovo molto bene con la consolle. Gli avvocati spesso non si sentono apprezzati socialmente, molte volte vengono visti come degli azzeccagarbugli. Invece vaccinarli significherebbe anche ricordare la centralità del loro ruolo. Gli avvocati sono percepiti come azzeccagarbugli fino a quando non si rendono necessari. A quel punto diventano un punto di riferimento essenziale. Spesso sono costretti anche a fare da psicologi o pedagoghi per i loro assistiti. In questi casi il ruolo che rivestono diviene importantissimo. Purtroppo si parla male degli avvocati, si ironizza su di loro, fin quando qualcuno non ne ha bisogno.

Non solo, ma spesso l’avvocato viene visto come colui che si oppone all’espletamento della giustizia, mentre bisognerebbe ricordare che il diritto di difesa è costituzionalmente garantito.

Certamente, Lei con me sfonda una porta aperta. Ritengo il ruolo dell’avvocato essenziale: io, in qualità di giudice, posso decidere bene solo grazie all’apporto che gli avvocati danno in aula. È solo grazie alla contrapposizione tra pubblico ministero e avvocato che io posso emettere serenamente una sentenza. Io non sono mai arrivato ad una discussione con idee pre- ordinate: per me è decisivo il confronto tra le parti. Io sono innamorato della mia categoria ma ritengo l’avvocato uno dei cardini della giustizia. La giustizia non appartiene solo ai magistrati.

Secondo Lei è possibile in questo momento sulla strada delle riforme un dialogo proficuo tra avvocatura e magistratura, anche grazie al nuovo Presidente dell’ANM?

Sicuramente.

Il nuovo presidente dell’ANM è una persona molto disponibile ed aperta al dialogo. Personalmente ritengo che la magistratura, composta per la gran parte da grandi professionisti onesti e liberi, ha preso tuttavia degli schiaffi ed è tornata con i piedi per terra. Sa qual è il problema vero dei magistrati e degli avvocati?

Mi dica.

È l’ipertrofismo: tendiamo ad autogonfiarci. Questo molto spesso ostacola il confronto. Considerato anche quello che è successo ultimamente, è bene capire che si lavora meglio insieme che su fronti opposti.

Ma Lei è sicuro che la magistratura senta davvero il dolore dello schiaffo e sia pronta a non prenderne più in futuro? Qualcuno sostiene che in realtà lo spirito di autoconservazione è fortissimo e non lascerà spazio a riforme importanti.

Non condivido questo pessimismo. Di sicuro come categoria non abbiamo fatto una bella figura ma le cose che non vanno devono cambiare e stanno cambiando. Io non posso che chiedere scusa per coloro che non hanno rispettato il loro ruolo ma sono certo che le distorsioni che vanno corrette saranno superate.

Non crede che si sia perso agli occhi della società il ruolo di ‘ civil servant’ che voi magistrati ricoprite?

Non penso sia così. Certo, alcuni colleghi hanno sbagliato, quanto emerso è indelebile, come la sconfitta della Roma nella finale di Coppa Italia con la Lazio, e di certo non voglio minimizzare. Ma io considero il magistrato come il secchione della classe, come una persona pulita e onesta. E la maggior parte dei colleghi è così.

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