Le convinzioni negative su di sé, sul mondo e sul futuro spesso dipendono da modi sbagliati di osservare la realtà e di ragionare, detti errori di ragionamento o distorsioni cognitive.
Queste hanno origine spesso nell’infanzia, anche per l’influenza del comportamento dei genitori e sono poi attivate da eventi e situazioni stressanti (Vicentini, 2013).
Le distorsioni cognitive sono modalità disfunzionali di interpretare le esperienze, esse si caratterizzano per il processo e non per il contenuto.Messaggio pubblicitario
Dai pensieri automatici alle distorsioni cognitive
Per comprendere in che modo intervengono le distorsioni cognitive e come queste causano sofferenza ai pazienti, abbiamo bisogno di fare un piccolo passo teorico indietro, partendo dal concetto di pensieri automatici.
Secondo l’approccio cognitivo-comportamentale i disturbi psicologici sarebbero causati da pensieri automatici disfunzionali che le persone utilizzano nell’elaborare le situazioni e gli eventi di vita.
Il primo a parlare di pensieri automatici fu Aaron T. Beck, che notò come determinati pensieri dei suoi pazienti fossero attivati in modo immediato e senza consapevolezza. Pose così particolare attenzione, nella sua pratica clinica, al cercare, insieme al paziente, di mettere in evidenza quali fossero i pensieri automatici alla base della sofferenza portata in seduta.
Questi pensieri sono detti automatici perché, secondo Beck, si presentano alla coscienza, per l’appunto, in modo automatico, in forma quasi telegrafica, senza che vi sia un’esperienza soggettiva di riflessione da parte dell’individuo. Inoltre essi sono assunti, da chi li pensa, come plausibili e dunque non vi è un processo di distanza critica da essi: l’individuo coglie tramite questi pensieri l’essenza stessa del mondo che lo circonda, senza la consapevolezza del fatto che che questi siano soggettivi e pertanto opinabili e discutibili. I pensieri automatici guidano in questo modo l’attribuzione di significato che il soggetto dà alla sua vita e alle relazioni che instaura con gli altri (Semerari, 2000).
Dunque, secondo Beck, si vengono così a creare delle regole di inferenza e delle strutture di significato stabili che sottendono i processi di pensiero. Queste strutture sono dette schemi cognitivi. Attraverso questi si vagliano, si elaborano e si interpretano le informazioni derivanti dal mondo esterno, ed ecco perché due persone valutano uno stesso evento diversamente o la stessa persona si approccia a diversi eventi nello stesso modo (Beck e Freeman 1990; Lorenzini e Sassaroli 1995).
Alcuni schemi si dicono disfunzionali quando distorcono la realtà, provocano sofferenza, sono pervasivi e danno luogo a falsi sillogismi. Perché, in chi soffre di disturbi psichici, è così difficile modificare la natura disfunzionale degli schemi?
Secondo Beck e colleghi (1979), a impedire la correzione delle credenze generate dagli schemi disfunzionali, vi sono le distorsioni cognitive ovvero degli errori procedurali sistematici adoperati nei processi di valutazione e giudizio.Messaggio pubblicitario
Quali sono le distorsioni cognitive più comuni?
Beck individua una serie di distorsioni cognitive presenti nell’applicazione dei pensieri automatici.
Esse sono:
- Astrazione selettiva: si presta attenzione ad un solo aspetto o a un solo dettaglio della situazione. Gli aspetti positivi sono spesso ignorati a vantaggio di quelli negativi.
- Pensiero dicotomico: gli eventi sono valutati in forma estrema, del tipo buono / cattivo, nero / bianco, on / off, etc.
- Inferenza arbitraria: vengono tratte conclusioni da situazioni non supportate dai fatti, anche quando l’evidenza è in contrasto con la conclusione.
- Supergeneralizzazione: si giunge a una conclusione generale partendo da un evento particolare.
- Ingigantire e minimizzare: si assume la tendenza a esagerare gli aspetti negativi di una situazione, riducendo al minimo il positivo.
- Personalizzazione: vengono attribuite caratteristiche personali a una situazione.
- Visione catastrofica: si anticipano gli eventi pensando che il peggio accadrà sicuramente.
- Doverizzazione: ci si autoimpone regole rigide e severe su come le cose dovrebbero andare.
- Variabili globali: vengono utilizzate etichette generali sugli eventi che non considerano le diverse sfumature.
Lo scopo finale della terapia, secondo Beck, consiste nella ristrutturazione cognitiva, ovvero riuscire a modificare il modo in cui si interpretano e si valutano le situazioni di vita. Quindi, si deve incoraggiare il paziente a modificare i pensieri automatici e a liberarsi dalle distorsioni cognitive per sostituirli con pensieri più realistici, flessibili e adattivi.