Più in particolare, questa conclusione – «all’interno di una prospettiva esegetica costituzionalmente orientata» – sarebbe imposta dalle seguenti concorrenti considerazioni (riferite nell’ordine seguito dal Tribunale):
l’accordo concluso all’esito del procedimento di negoziazione assistita in materia di famiglia deve essere sottoposto al Procuratore della Repubblica per la concessione dell’autorizzazione o per il rilascio del nullaosta;

l’accordo de quo, ai sensi dell’art. 6, comma 3 ,«produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono … i procedimenti di separazione giudiziale…»;

«Poiché i provvedimenti giudiziali … non richiedono autenticazioni delle sottoscrizioni da parte di ulteriori “pubblici ufficiali a ciò autorizzati” ai fini della trascrizione delle cessioni immobiliari in essi eventualmente contenute, risult[erebbe] evidente che neppure gli accordi di negoziazione dovranno essere soggetti a tale adempimento, pena la vanificazione della predetta espressa equiparazione ai provvedimenti giudiziali ed il conseguente irriducibile contrasto con i canoni costituzionali di coerenza e ragionevolezza»;

la legge consente che siano suscettibili di essere trascritti nei registri immobiliari non soltanto i provvedimenti giudiziali aventi forma diversa dalla «sentenza», pure richiesta dall’art. 2657 c.c.(come, ad esempio, il decreto di trasferimento pronunciato ex art. 586 c.p.c. in sede di espropriazione forzata immobiliare, nonché l’ordinanza che dichiara esecutivo il progetto di divisione ex art. 789 c.p.c.), ma anche provvedimenti fondati sull’autonomia negoziale delle parti, come il lodo arbitrale (rituale) che sia stato dichiarato esecutivo ex art. 825 c.p.c.;

posto che l’accordo di negoziazione assistita munito del nullaosta del Procuratore della Repubblica produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali, «non può non essere ricompreso anche quello di costituire titolo per la trascrizione»;

ulteriori «autenticazioni» sarebbero da considerarsi una «sostanziale inutilità»;

«mentre in ambito extra-familiare gli accordi di negoziazione possono essere validamente conclusi con l’assistenza di un unico avvocato per entrambe le parti, in materia di famiglia è necessariamente richiesta – proprio per la particolare delicatezza dei diritti, degli interessi coinvolti e delle conseguenze inferite – la presenza di almeno un avvocato per parte»;

«esigere l’intervento di un’ulteriore figura professionale in caso di atti soggetti a trascrizione contenuti in “negoziazioni familiari”, contrasterebbe con la “…finalità di assicurare una maggiore funzionalità ed efficienza della giustizia civile” espressamente enunciata nel Preambolo del medesimo d.l. n. 132/2014, addossando alle parti ulteriori formalità e costi aggiuntivi, con effetti disincentivanti nei confronti della negoziazione assistita, incompatibili con i dichiarati intenti di semplificazione ed efficienza perseguiti dal Legislatore».

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