L’approccio junghiano si fonda, in modo più esplicito e diretto rispetto ad altre forme di psicoterapia, sul riconoscimento e sulla valorizzazione dell’unicità e delle potenzialità distintive presenti in ogni essere umano. Il lavoro promosso dall’analisi junghiana coltiva costantemente il dialogo con la psicoanalisi contemporanea e gli sviluppi delle neuroscienze, ancorandosi saldamente alle  sue radici umanistiche:  coerentemente con queste non limita i propri obiettivi alla soppressione dei sintomi né solamente al ripristino di un equilibrio alterato, ma tende a realizzare un processo di trasformazione completo, al servizio della piena maturazione della personalità e del dispiegarsi armonioso delle potenzialità di ciascuno.

Sintomi come ansia e depressione, possono infatti essere letti come segnali del mancato sviluppo di alcuni aspetti della personalità, come il piacere creativo di esprimere la propria opinione o di scegliere consapevolmente l’indirizzo da imprimere alla propria vita, oppure della difficoltà ad assumersi il rischio di affrontare l’esistenza e le sue intrinseche problematicità.

Altre volte, invece, la sofferenza nasce dall’esposizione a condizioni ambientali alterate che sottopongono la persona a condizioni di vita che eccedono la sua capacità di elaborazione. Condizioni traumatiche o situazioni interpersonali complesse che possono bloccare in modo selettivo lo sviluppo equilibrato della personalità.

Il lavoro dell’analisi junghiana, cerca dunque di elaborare gli ostacoli, interni o esterni, che impediscono a ciascuno di “diventare pienamente se stesso”, concetto che Jung chiamava “processo di individuazione”, ovvero l’idea che per realizzarsi pienamente, occorre impegnarsi lungo il percorso del “divenire un essere individuale, nella misura in cui si intende come individualità la propria unicità più intima, l’unicità ultima ed incomparabile, diventare il vero e proprio Sé”. Questo percorso non va confuso con lo sviluppo di un atteggiamento individualistico. Ogni essere umano quando ha l’opportunità di maturare armoniosamente tende, per la sua stessa natura, ad interagire e interessarsi degli altri in senso affettivo e sociale.

Il rapporto che si instaura con l’analista nel corso della terapia avrà per ogni singolo caso caratteristiche uniche, perché unici sono i protagonisti dell’incontro analitico. Tale rapporto sarà fondamentale per poter sperimentare sensazioni, affetti e pensieri in un ambiente stabile e protetto, in un’atmosfera franca e scevra di pregiudizi.

Per poter garantire simili caratteristiche, anche il terapeuta junghiano ha vissuto una lunga esperienza di lavoro su se stesso e di analisi personale, regola che fu suggerita per la prima volta dallo stesso Jung, e che da allora è seguita anche dai colleghi di altri orientamenti (in primis, l’orientamento freudiano). L’analisi è infatti una esperienza trasformativa che terapeuta e paziente intraprendono insieme: non si tratta di trasferire delle conoscenze “su” qualcosa, ma di fare esperienza “di” qualcosa.

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