Ictus e allucinazioni, soprattutto. Ma anche psicosi, depressione, difficoltà di concentrazione e di memoria, micro-ictus e altre patologie di tipo sia neurologico che psichiatrico. C’è anche questo nell’eredità amara del Covid-19, soprattutto – ma non esclusivamente – nei pazienti ricoverati, specie se in terapia intensiva. I clinici se ne sono accorti da tempo, ma ora iniziano a essere rese note le pubblicazioni che lo certificano. Una delle più importanti è uscita su Lancet Psychiatry e descrive quanto accaduto a 125 pazienti ricoverati delle terapie intensive degli ospedali di tutta la Gran Bretagna nel momento di maggiore asprezza della crisi, in aprile. Gli autori, neurologi e psichiatri dell’Università di Liverpool, hanno riferito che la conseguenza più comune è l’ictus, che nella loro casistica ha colpito 77 persone (in 57 casi si è trattato di un ictus ischemico, causato da un trombo, in 9 di uno emorragico, in uno di una conseguenza di un’infiammazione del cervello nota come encefalite).

Stati confusionali e disturbi dell’umore

Ma oltre a questi, 39 malati si sono ritrovati in uno stato confusionale o hanno avuto bruschi mutamenti di personalità, e 23 hanno avuto una vera psicosi, o visto esordire la loro demenza prima assente (almeno a livello clinico), o un disturbo dell’umore. Naturalmente non sarebbe corretto estendere a tutti coloro che hanno contratto il virus questi dati (non è ciò che si vede nelle centinaia di migliaia di persone che hanno superato l’infezione a casa), né si può escludere che si sia trattato, in molti casi, di patologie preesistenti che sono state improvvisamente esacerbate dalla tempesta del Covid-19. Tuttavia, notano gli autori, e sottolineano alcuni esperti interpellati in un reportage della Bbc, sembra esserci una serie di conseguenze specificamente a carico del cervello, almeno in una parte di malati.

Sulle cause della stessa ci sono diverse ipotesi. Innanzitutto, secondo un lavoro pubblicato su Altex, i test su mini unità cerebrali in vitro chiamate Brain Spheres, messe a punto e brevettate (e quindi standardizzate e già in uso per gli studi sperimentali) dalla Johns Hokpins University di Baltimora hanno confermato che il virus infetta direttamente il cervello, superando la barriera di vasi che dovrebbe proteggerlo, chiamata emato-encefalica. Inoltre tra gli elementi distintivi della malattia c’è la tendenza a formare trombi e aggregati piastrinici, resa ancora più potente dalle conseguenze dell’iper-infiammazione.

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