È ormai noto come in questi ultimi decenni le forme della sofferenza psicologica e mentale abbiano subito alcune trasformazioni: la tipologia dei disturbi psicologici e mentali non è immutabile nel tempo ma prende forme strettamente legate al contesto sociale, culturale, economico e valoriale presente in un determinato periodo storico. 

Un classico esempio chiarificatore che si porta in questi casi è rappresentato dai disturbi isterici.

Nel periodo storico a cavallo fra la fine dell’ottocento e i primi decenni del novecento la sessualità femminile era ridotta e finalizzata alla mera procreazione. Qualsiasi atto sessuale era considerato impuro e immorale e sconsigliato per le donne, che in ogni caso dovevano mostrarsi caste e pure, angeliche e sottomesse al marito e ben lontane dall’istinto “peccaminoso” e “animalesco” legato al piacere sessuale.

Oggi tale modello sociale di comportamento femminile è stato ampiamente superatoe contemporaneamente anche la “malattia Isterica”, che nel passato ne costituiva la sua espressione psicopatologica, oggi appare difficilmente osservabile.

Per poter comprendere le forme della nuova sofferenza psichica può venirci in aiuto la comprensione di alcuni importanti cambiamenti sociali che ne sono alla base.

A questo proposito appaiono illuminanti le riflessioni di un importante psicoanalista francese, R. Kaes, raccolte in un suo libro recente “Il malessere” (1).

In questo libro egli sottolinea come la sofferenza psicologica che serpeggia nella nostra civiltà contemporanea possa essere ben definita con la parola “Malessere“, che rappresenta una condizione esistenziale dell’uomo moderno caratterizzata da una sofferenza globale e generale del suo essere al mondo, e dunque non relativa a specifiche porzioni della sua vita o delle sue relazioni.

Questo malessere, continua Kaes, è strettamente legato con le importanti trasformazioni che in questi ultimi decenni hanno attraversato i nostri Sistemi Sociali, Economici, Culturali e Valoriali.

Tali trasformazioni, e questo è il punto, hanno determinato un importante indebolimentodelle funzioni di collante e di punto di riferimento che ogni istituzione sociale ha sempre rappresentato per ognuno di noi, per ogni cittadino, e soprattutto a livello inconscio. 

Per semplificare, è un po’ ciò che può avvenire in una famiglia quando la sua struttura affettiva e relazionale incomincia a indebolirsi, a disgregarsi, e dove a causa di ciò si allentano i legami familiari e si attenuano le funzioni genitoriali del padre, della madre, ecc.: in simili situazioni ogni componente della famiglia, soprattutto i figli, non ritrova più in essa i punti di riferimento e di sostegno di prima, e si ritrova più solo spaesato. 

Analogamente a ciò che può avvenire in una famiglia, anche in una società in cui vengono meno o si attenuano le sue funzioni di collante sociale, e di punto di riferimento per i suoi membri, si allentano i legami sociali fra le persone, i gruppi sociali di appartenenza, fra i membri di uno stato con la sua Nazione.

In tale contesto le persone faticano a trovare identificazioni comuni che hanno la funzione di farle sentire membri di uno stesso gruppo, di una stessa nazione.

Si perde il senso della socialità, della famiglia, non si trovano più identità comuni a cui fare riferimento, non ci si sente più sulla “stessa barca” con altre persone in direzione di obiettivi comuni su cui convergere. 

L’individuo incomincia a sentirsi solo e con sentimenti di “sradicamento” di fronte al mondo che ora egli vive come estraneo, lontano e sente che dovrà fare tutto da solo.

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