AGEVOLAZIONI PRIMA CASA, CONTA LA DICHIARAZIONE 

In tema di benefici prima casa, la previsione normativa prevista per il riconoscimento dell’agevolazione – secondo cui la dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto – pur parlando espressamente soltanto della “dichiarazione di voler trasferire la propria residenza”, deve necessariamente comprendere anche la diversa dichiarazione di volersi trasferire nel luogo di lavoro. Ne consegue che non è sufficiente la prova della sussistenza dell’attività lavorativa nel Comune dove viene acquistato l’immobile per potere beneficiare dell’aliquota agevolata. Cass.3457/2016 . Nel caso di specie il soggetto di professione Avvocato, aveva, acquistato un immobile ad uso abitativo in un Comune diverso rispetto il luogo di residenza, nell’atto di acquisto dichiarava nelle condizioni soggettive che “avrebbe svolto la propria attività prevalente nel Comune ove è ubicato l’immobile”, a seguire si adoperava con il proprio Ordine nel rispetto di tutte le formalità necessarie per l’apertura dello Studio. Per un certo periodo esercitava con regolarità la professione nell’interesse dei propri Clienti, suo malgrado però trascorsi alcuni mesi si rendeva conto che le aspettative erano state disattese, comunicando al proprio Ordine Professionale la chiusura dello Studio. Veniva raggiunto da avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate che riprendeva a tassazione piena con decadenza dei benefici prima casa, in quanto si accertava che l’attività professionale fosse cessata, e nell’atto non era stata indicata la volontà del cambio di residenza. Uno dei primi motivi di difesa, fu che in via interpretativa, la stessa circolare dell’Agenzia delle Entrate chiarisce che “se per errore nell’atto di compravendita queste dichiarazioni sono state omesse, è possibile rimediare mediante uno specifico atto integrativo, redatto secondo le stesse forme giuridiche del precedente, in cui dichiara la sussistenza dei presupposti soggettivi e oggettivi per usufruire delle agevolazioni fiscali”(vedi risoluzione 105/e del 03.10.2011. La circostanza della chiusura dello Studio Professionale “non era un elemento prevedibile o evitabile” pertanto si può da ultimo invocare il caso di “forza maggiore” A riprova di quanto sopra esposto, si richiamava l’Ordinanza n. 21730 del 04.12.2012, dove sempre la Cassazione sosteneva che il contribuente può usufruire delle agevolazioni fiscali prima casa solo se effettivamente presti la sua attività lavorativa nello stesso comune in cui è ubicato l’immobile e ciò sia espressamente riportato nell’atto redatto dal notaio. Da un ultimo si ravvisa un analogia, essendo complementare il termine del domicilio Professionale e di residenza, trattandosi dello stesso soggetto. In sintesi, occorre dichiarare nell’atto la volontà di eleggere domicilio professionale ove è ubicato l’immobile, non essendo sufficiente il mero svolgimento dell’attività in concreto. Sono invece da escludere a parere dello scrivente commenti in Dottrina che rendono necessarie le doppie formalità nella dichiarazione al momento dell’atto, essendo la norma chiara nel ricomprendere in alternativa o il cambio di residenza entro i 18 mesi o lo svolgimento dell’attività lavorativa prevalente.

Lorenzo PAPA

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