Con il dichiarato intento di incentivare la patrimonializzazione delle imprese, deterioratasi a seguito delle difficoltà economiche causate dalla crisi pandemica, l’articolo 19 del decreto-legge n. 73 del 25/5/2021 (cd. Sostegno bis) ha previsto un rafforzamento, per il solo 2021, dell’aliquota per il calcolo del rendimento nozionale dell’ACE.

L’aliquota del rendimento nozionale, progressivamente diminuita dalla sua introduzione fino all’attuale misero 1,3%, per il (solo) 2021 è elevata addirittura del 15%.

L’Ace si è dimostrata una norma per tutte le stagioni seppure con apprezzamento diversificato nel tempo: negli anni l’aiuto alla crescita economica ha avuto un ruolo sempre più marginale, fino alla sua scomparsa e sostituzione con la mini-Ires (di fatto mai entrata in vigore), per poi riaffacciarsi senza soluzione di continuità in una sorta di timida resurrezione (ma con aliquota dell’1,3%).

Nel 2021, invece, la patrimonializzazione delle imprese esplode con un rendimento del 15%; non c’è tempo per programmare, posto che le variazioni in aumento del capitale proprio devono intervenire entro il 31 dicembre 2021, dopo si torna (a meno di proroghe) all’1,3%.

Ma c’è di più e di decisamente meglio.

Piuttosto che come deduzione dalla base imponibile delle imposte sul reddito (che avrebbe avuto effetto in termini di supporto alla liquidità non prima di giugno del 2022), l’ACE del 2021 può pure essere fruita nella forma di credito d’imposta, da utilizzare, anche cedendola a terzi, immediatamente.

A tutto ciò si aggiunge, comprensibilmente, per evitare manovre elusive, un complesso meccanismo di recapture di quanto fruito in termini di detassazione nel 2021 nel caso in cui negli anni successivi al 2021 il patrimonio netto dovesse ridursi per cause diverse da perdite di bilancio.

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