James Flynn è un professore emerito di filosofia dell’Università di Dunedin, in Nuova Zelanda. Il suo nome, come racconta il settimanale Die Zeit, è rimasto legato a uno studio pubblicato nel 1987 sul Psychological Bulletin, in cui Flynn metteva a confronto i risultati di alcuni test sull’intelligenza effettuati su un campione di bambini nel 1972, con altri datati al 1947. Dal raffronto si ricavava che nei 25 anni trascorsi da un test all’altro il quoziente intellettivo (QI) dei ragazzi esaminati era aumentato di 8 punti. Flynn aveva scritto a 165 studiosi in tutto il mondo per trovare una conferma a quella che supponeva poteva essere la sua scoperta: e cioè che nelle nazioni sviluppate il QI aumenta da una generazione all’altra in una misura variabile tra i 5 e i 25 punti. Questo fenomeno è stato appunto chiamato l’«effetto Flynn». Da allora l’interesse per questo genere di studi è cresciuto enormemente, tant’è che molti conoscono quale sia il loro QI. Purtroppo però questa euforia si è smorzata nel 2004, quando sulla base di alcune ricerche empiriche l’Università di Oslo si accorse che tra il 1970 e il 1993 l’«effetto Flynn» era diminuito. Negli anni successivi questo rallentamento ha trovato ulteriori conferme, fino alla tragica scoperta che il trend si è ormai rovesciato, e da un anno all’altro il QI diminuisce mediamente dello 0,25-0,50. Insomma, diventiamo sempre più stupidi. E anche a questo fenomeno è stato dato il nome di «effetto Flynn capovolto», così che il professore è doppiamente famoso

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