Nello studio delle associazioni ha spesso prevalso la prospettiva «macro»: quel tipo di prospettiva, cioè, che guarda alle funzioni sistemiche svolte da questi gruppi sociali, soprattutto in campo economico e politico. Il filone principale della tradizione liberale, per esempio, è stato portato a giudicare in maniera negativa le associazioni proprio perché temeva gli effetti del loro operare sul funzionamento del mercato e così sull’economia. Mentre un altro filone della stessa tradizione, da Tocqueville in avanti, ha messo in rilievo gli aspetti positivi di questi gruppi per il sistema politico.

2La prospettiva macro prevale anche nella letteratura che si è sviluppata recentemente. Lo si può vedere in particolare nei lavori sul capitale sociale (a partire da Putnam 1997, 2000 e 2002); ma anche in quelli che erano stati dedicati a neocorporativismo e concertazione sociale, alla democrazia associativa, alla società civile.

3Meno si è guardato, e si guarda, alla dimensione micro. Forse perché è facile pensare che a questo livello la domanda «a cosa servono le associazioni?» non abbia una risposta di carattere generale, valida cioè per l’insieme di queste organizzazioni. In effetti, diversi tipi di associazioni servono agli individui per cose diverse: un sindacato per difendere i propri interessi di lavoratore, un gruppo di volontariato per aiutare gli altri, un’associazione di sportivi per praticare un’attività.

4Esistono però anche risposte micro che hanno carattere generale. Nella prima parte dell’articolo sviluppo una risposta di questo tipo, mentre nella seconda parte presento un test empirico dell’ipotesi teorica.

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