Mettere a confronto il diritto naturale con le neuroscienze è come chiedersi se la vecchia metafisica possa reggere il passo con le potenzialità della Rete.

Occorre, anzitutto partire dal rapporto generale fra scienza e diritto, tra la ragione scientifica e la ragion pratica. Sappiamo che la ragione scientifica tende a farsi pratica() e così s”incontra con l”etica.

Quindi, c”è il problema della legittimità di un”etica puramente tecnologica e, in questo caso, anche puramente naturalistica. Siamo ben oltre le c. d. “norme miste” della bioetica.

2) Il secondo profilo riguarda il rapporto fra scienza e antropologia. Se è vero che la scienza non presuppone un”antropologia, ciò non può dirsi per il diritto. Il diritto positivo presuppone solo un”antropologia minima, o alcune costanti antropologiche, basate sull”autodeterminazione e sulla responsabilità. Il diritto naturale, invece, presuppone ed è esso stesso un”antropologia , perché si tratta di cose diverse da quelle che siamo abituati a chiamare “etica” e “diritto”.

Si può dire certamente che la neuroetica si occupa di cose eticamente sensibili quali: 1) la coscienza; 2) il sé e l”essere persona; 3) prendere decisioni, il controllo, il libero arbitrio;

3) il terzo profilo è più costruttivo e concerne l”eventuale apporto che le nuove conoscenze sul cervello umano possono dare al diritto naturale. Ciò dipende dalla concezione del diritto naturale.

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